Mi avete letto in ...

martedì 18 settembre 2012

FILM BIANCO

FILM BIANCO
Anno: 1994
Durata: 82'
Genere: drammatico, commedia, grottesco

Voto: 9

Trama
Karol (Zbigniew Zamachowski) è un polacco di mezza età emigrato in Francia per sposare la sua dolce metà, la bella Dominique (Julie Delpy), una avvenente bionda che però chiede il divorzio perchè le nozze non sono state consumate. Scappato dalla Francia poiché ricercato dalla polizia, Karol ritorna in Polonia con l'aiuto del connazionale Mikolaj (Janusz Gajos) inizia una nuova vita senza dimenticare ciò che gli ha fatto passare Dominique.


Recensione:
Si sente spesso dire che “Film bianco” rappresenta l'anello debole della trilogia kielowskiana dedicata ai valori della Repubblica francese. Vuoi per una struttura narrativa più debole, vuoi perchè non annovera nel cast attori molto conosciuti (a parte la Delpy). In realtà il secondo capitolo dei colori è semplicemente
diverso dagli altri, meno drammatico e asfittico, ma più grottesco e non per questo meno elevato quanto a capacità di trasmettere significati.
Il regista polacco allenta i toni dell'umanità intima dei personaggi per spruzzare la storia di momenti gustosamente particolari; non è opportuno richiamare il concetto di commedia, certo che Karol, l'eroe-non eroe protagonista, mostra volto, posture, atteggiamenti che inducono a un sorriso. Un sorriso, sia detto a chiare lettere, amarissimo, tetro, che, se da un lato lo fa entrare nelle simpatie dello spettatore, dall'altro non lo esime da colpe e da scelte molto discutibili.
Ciò detto, “Film bianco” emana intelligenza e autorialità da tutti i pori e bissa il suo traguardo principale: l'esaudire la premessa da cui sortisce, ovvero la drammatizzazione del concetto di “uguaglianza”, il bianco della bandiera francese. Karol già dalle prime scene in tribunale deve lottare strenuamente per conseguire in terra straniera quella parità cui anela; ma ha un traduttore per la differenza linguistica, la moglie primeggia in aula in quanto francese, i suoi diritti vengono oltraggiati da una corte parziale. Allora cerca di ottenere questa uguaglianza in altri modi, meno leciti, invischiandosi in giri loschi nel suo paese di provenienza, per poi sfidare il suo passato in un modo che la sceneggiatura dipinge genialmente.
Zamachowski non potrebbe essere sostituito da un altro attore, davvero una prova di razza e bilanciatissima fra il serio e il faceto; di impatto visivo anche il rigore attoriale, la compostezza e il volto tristissimo di Gajos). Buone notizie anche per la Delpy, che condisce una bellezza indiscutibile con la capacità di saper dosare la complessità del suo personaggio.
Laddove il film scricchiola è nella durata troppo esigua; la seconda parte, meravigliosa per lo svolgimento e per le trovate di Kielowski, viene compressa in un minutaggio troppo ristretto quando avrebbe potuto essere allungata per evitare quei cambi di tendenza troppo repentini e forzati a cui si assiste. Infatti le mutazioni della vita polacca di Karol appaiono subitanee oltre ogni logica, pur catalizzando l'attenzione dello spettatore verso un finale da menzione assoluta.
La pellicola potrebbe essere vista anche come un colpo di coda del proletario est Europa (per tradizione inferiore all'altra parte) nei confronti del capitalistico occidente. Non che da Kielowski trapeli un'acredine verso i Paesi più forti (tanto è vero che anche questo “Bianco” è stato prodotto come gli altri due da Marin Karmitz). Certo che, con qualche forzatura, è interessante e al contempo naturale interpretare la rincorsa del polacco Karol come vendetta verso la francese Dominique che lo ha trattato come un ospite indesiderato. E il suo essere straniero in terra straniera sgorga copiosamente nelle già citate scene del dibattimento legale, quando il protagonista viene esposto a pubblico ludibrio per la sua impotenza psicologica.
Anche in questo caso la fotografia si fa notare per mettere in risalto tutti i momenti, in particolare svetta nella scene della “bianca” neve, quando ritrae sapientemente un paesaggio brullo e inospitale polacco. E le musiche ancora una volta sono state curate da Zbigniew Preisner e si fanno deliziose, suadenti e godibili.
Kieslowski guadagnò al festival di Berlino l'Orso d'oro quale miglior regista.