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venerdì 14 settembre 2012

I BAMBINI CI GUARDANO

Produssi questo scritto lo scorso anno stimolato dall'anniversario per il 150° dell'unità nazionale.
Alimentavo una fioca speranza che queste parole fossero provvisorie, ma un anno dopo la situazione globale è rimasta preoccupante e poco sostenibile.
Per tali ragioni rimarco quelle riflessioni.
Il cinema tra l'altro parla e deve parlare della vita e anche questa volta mi è venuto in aiuto con la consueta pertinenza.

 

Un antico precetto educativo intendeva il bambino come un 
contenitore vuoto, il compito degli insegnanti consisteva nel riempirlo di conoscenza e nozioni. Oggi e da diverso tempo questa formula appare anacronistica, si preferisce intravedere nei bambini degli interlocutori attivi dotati di senso critico; non già dunque meri strumenti espressivi di punti di vista riversati su di loro dagli adulti, ma
soggetti agenti in grado e scegliere come incasellarsi nel mondo.
Si aggiunga che il bambino costituisce la parte più pura della società, non ancora intaccata dai filtri sociali, dalle posizioni preconcettuali, pertanto incline a personalizzare il proprio abitare il mondo in modo genuino e poco sovrastrutturato.
Le informazioni pedagogiche che si ricevano in tenera età si configurano inoltre come decisive per determinare l'abito da adulto che si andrà a indossare.
L'anno scorso decorreva il 150°anniversario del nostro Stato. E anche nel 2012 i bambini giocano un ruolo non indifferente; i ricordi che sedimentano adesso potranno in qualche misura sorreggere il loro approcciarsi al contesto nazionale e comunitario. E gli adulti hanno il dovere morale di contribuire a tale processo. 
Gli strumenti per arrivare allo scopo? 
Informazione non faziosa, condivisione di un momento storico, sensibilizzazione nelle scuole e nella famiglia, interiorizzazione di opere letterarie e storiche sotto forma ludica. 
Tanto più che gli attuali programmi didattici ministeriali in fatto di storia non consentono agli alunni della scuola primaria di avvicinarsi all'unità d'Italia.
Si parlava di dovere morale da parte dell'adultità. Il dovere diviene ben presto fattuale; qualora infatti l'attuale generazione adulta non voglia connotare la sua permanenza su questa terra di egoismo e cecità, deve ambire a lasciare la nostra Italia un domani a persone responsabili, consapevoli.
Il più possibile a “cittadini”.
L'unità d'Italia non consta pertanto in un mero e tedioso elenco di date, battaglie, non è affare solo di docenti, appassionati di storia, topi da biblioteca e nerds occhialuti in fregola per la tassonomia nozionistica.
Rimanda bensì a valori assoluti sanciti in modo mirabile dalla Carta costituzionale. Libertà, indipendenza, rispetto, diritti: non fumosi e barbosi concetti astratti, ma vivide gemme che meritano di essere scolpite nella memoria collettiva tra le varie generazioni.
La frase pronunciata da Roberto Benigni in occasione del festival di San Remo riferendosi ai ragazzi caduti nell'unità nazionale
"loro sono morti per dare la vita a noi
ha del miracoloso. Non si tratta dunque di immolarsi masochisticamente per il futuro, solo usare la sensibilità e l'intelligenza di trasformare giorno dopo giorno quelle frasi della Costituzione in missione esistenziale.
Ergo una sorta di imperativo categorico di cui tutti possiamo e dobbiamo farci molle propulsive, un abito mentale da mostrare con la sicumera delle modelle in una passerella chic, un'orgogliosa e possente precondizione verso un nuovo modo di intendere perfino la politica nel nobile etimo greco di “polis”, città, comunità.
Come recita una vecchia ma pulsante pellicola di Vittorio De Sica, “I bambini ci guardano”.