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sabato 29 settembre 2012

LA DISCOTECA...UN LUOGO SOLO LAICO?



Il deejay che si eleva al ruolo di divinità, il pubblico unito in un'ecclesia danzante, le quattro mura di un club a custodire un luogo di culto.
Probabilmente questa visione appare forzata, ma, se si analizzano con profondità le dinamiche che scaturiscono nelle movimentate iniziative della night life si scorgeranno
alcuni aspetti accomunabili a quelle che connotano una funzione religiosa.

Laddove quest'ultima, restando nell'ambito del cristianesimo, raduna le anime dei credenti ponendosi come intermediario spirituale fra di esse e Dio, il deejay consente un raggruppamento sociale di persone che si riconoscono in una determinata mentalità. L'altare si tramuta dunque in consolle, i sermoni e gli estratti delle sacre scritture si sostanziano in arie musicali, gesti e rituali di una messa si ripetono nella pista da ballo sotto forme idealmente affini.
Non è un mistero che la musica nell'antichità, in varie epoche storiche, in varie culture, abbia assunto al ruolo preferenziale di stimolazione sociale, prestandosi a un ampio ventaglio di usi tra cui perfino quello educativo con i giovani. Divertimento e aggregazione, ma anche contrappunto di cerimonie dall'alto valore civico. E vi è di più. Questa costante percorre trasversalmente non solo il tempo ma anche tutte le forme religiose stesse, anche quelle che diametralmente opposte e anche quelle che si sono fatte la guerra l'una contro l'altra. Il che induce a ritenere che la musica sia depositaria di un'intrinseca proprietà di influenza sugli uomini, sulle coscienze e, perchè no, sull'organismo, dato che esorta a muoversi, crea adrenalina, fa perdere calorie qualora venga abbinata alla danza.

E nella stessa gamma dei vari generi musicali essa non smentisce le suddette funzioni: che si parli di un teatro con l'opera, di un rave party illegale, di un concerto heavy metal, «la musica» non cambia. I «fedeli», o meglio i fans di danno appuntamento per godere in un contesto gruppale qualcosa che fa loro stare bene. In discoteca il discorso si fa ancora più carnale, poiché si interagisce in modo fisico, scuotendo le membra insieme a
decine, talvolta anche centinaia di altri danzatori. E il deejay è là, dettando il movimento, scandendo i passi del mantra ballerino e decidendo quale impostazione dare all'evento, per quale marcia optare. E'naturale che la sublimazione di tale carnalità avviene allorchè gli speakers di un locale eruttano certi generi, magari quelli più estremi: elettronica hardcore, hardstyle, trance, ebm. In questi casi si parla anche di senso di appartenenza delle persone intervenute per quegli specifici filoni. Ci si sente parte di qualcosa, ci si riconosce in una filosofia non solo musicale ma anche esistenziale, ci si veste di conseguenza e si mettono in pratica rituali consoni all'ambiente. Colui il quale permette al dancefloor (la pista da ballo) di incendiarsi pertanto si frappone idealmente fra Dio (il concetto astratto di musica) e i credenti (gli appassionati).

E, come i veri sacerdoti alcuni dei quali si ergono nella scala carrieristica, anche fra i deejay ve ne sono taluni a spiccare per popolarità rispetto alla rimanente parte della categoria.
La discoteca, di primo acchito luogo scevro di istinto e necessità religiosa, da un punto di vista antropologico contiene e mantiene più simbolismi religiosi di quanto sembri. I ragazzi ne ricercano così la loro messa settimanale, alcuni ne hanno bisogno poiché debbono soddisfare un impulso naturale di aggregarsi sotto una sola bandiera.
D'altronde c'era già qualcuno che sosteneva che l'uomo è un animale sociale.