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domenica 14 ottobre 2012

SOTTO GLI ULIVI

SOTTO GLI ULIVI 

Anno:  1994
Durata: 95'
Genere: drammatico

Voto: 9
 
Trama:
Un regista (Mohamad Ali Keshavarz) sta girando il film «E la vita continua» in un villaggio dell'Iran del nord devastato dal terremo del giugno 1990. Serve una coppia di giovani innamorati e vengono scelti Tahereh (Tahereh Ladanian) e Houssein (Houssein Rezai); ma quest'ultimo è davvero innamorato di lei, vuole sposarla ma ha subito il netto diniego della famiglia.

Recensione:
Un'esperienza di vita a tutti i livelli: questo il cinema di Kiarostami, god registico iraniano, arrivato con questo film alla conclusione della «trilogia del terremoto» iniziata nel 1987 con «Dov'è la casa del mio amico?» e continuata nel 1992 con «E la vita continua». Un'attenzione dunque alle zone vittime del cataclisma, agli effetti collaterali materiali e psicologici, un substrato che diviene scenario per
declinare storie di vita, sentimenti e sensazioni.
E, come succede volentieri nella sua carriera, si fa cinema nel cinema, tanto più che la pellicola girata è la stessa che Kiarostami già nella realtà. La troupe, i mezzi tecnici e il regista accompagnano da sfondo questa storia sentimentale in cui un pretendente controbatte strenuamente e con bontà i dettami culturali del suo Stato: la dote da portare all'amata, l'ostruzione delle famiglie che decidono in modo sostanziale, la pudicizia della donna che si può spingere solo fino a un certo punto. E c'è di più: sono tanti i volti cui la pellicola dà voce con personaggi di contorno ma che non solo porgono alla macchina da presa una faccia fottutamente giusta, ma presentano la loro situazione di vita prorompendo dallo schermo come cibo per la mente.
Qualità esplosiva del cineasta l'ottenere il massimo dalla semplicità: un dialogo smilzo si fa trattazione chilometrica, due occhi mesti raccontano una storia lunga anni, un'inquadratura apre un mondo millenario. Kiarostami registra i toni sommessi e disturbati di un territorio falcidiato dalla natura oltre alle difficoltà dei suoi abitanti, la cui maggior parte ha deciso di abbandonare i pericolanti edifici per vivere per strada. Ma non li utilizza cinicamente per difendere un punto di vista, il film è amorale (nel senso di privo di giudizio), presenta un mondo e la plausibilità del metodo di vita dei suoi residenti, che anzi mostrano vitalità e coraggio nell'andare avanti sempre e comunque. Se talvolta il cinismo c'è, è perchè il cinismo fa parte di questo mondo ed è quindi giusto non tenerlo sotto silenzio.
Un cinema anche elegante e raffinato il suo soprattutto per le capacità tecniche e il gusto di fotografare con potenza un momento, un angolo di vita. Ancora una volta i campi lunghi rientrano nei suoi gusti come nell'esteticamente magnifica scena finale. E ancora finzione e dialettica si seducono e respingono in un dualismo di altissimo livello, dove amore, politica, arte, affari sociali duettano con la semplicità di esecuzione.
I suoi attori, mai dei virtuosi in senso assoluto, ma persone che potrebbero davvero essere parte di quell'universo rappresentato, non esagerano mai nell'esasperare i toni e si comportano come in un'ipotetica vita di tutti i giorni. Molto efficaci soprattutto il regista Ali Keshavarz e il tutto-fare del gruppo Rezai, dotato di un'espressione facciale perfetta per la parte.
Kiarostami, in questo caso scrittore-regista-sceneggiatore-montatore-produttore, è stato insignito di svariati premi oltre alla presentazione ufficiale al 47°festival di Cannes.
E'un autore indipendente e il totale controllo che esercita sulle sue opere gli ha inibito la possibilità di essere distribuiti nel suo Iran, in cui l'ultimo suo film diffuso è il «Il sapore della ciliegia», anno 1996. Eppure vive ancora a Teheran e (fonte www.repubblica.it), ha dichiarato rispetto a ciò: «La censura non è interessata allo stile o alla storia di un film purché non tocchi aspetti sociali, vuole solo il controllo totale dell'opera, perciò negano la vita ai film indipendenti come i miei. La libera circolazione del cinema e degli autori arriverà certamente in Iran e, se pure le autorità non ne terranno conto, è molto importante che la pressione internazionale continui, che l'attenzione del mondo non si spenga».