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venerdì 9 novembre 2012

INCAZZATO COME UNA «IENA»? MACCHE', DISPONIBILE AL CONFRONTO COME UN UOMO CORDIALE: MATTEO VIVIANI.


Nella foto: da sinistra Alessio Bacchetta, una sagoma in cartone a grandezza naturale di Ilary Blasi e Matteo Viviani a destra.


«Essere iena significa 50% curiosità e 50% passione; comunichiamo in modo diverso dall'asettica informazione giornalistica, parliamo alla gente come noi degli argomenti più disparati con un linguaggio sempre informale». Con queste parole la iena Matteo Viviani descrive il lavoro che svolge per Mediaset da sette anni nella fortunata trasmissione condotta da Ilary Blasi. Il vostro blogger lo ha intervistato nella redazione di
Cologno Monzese e per un'ora il buon Matteo ha dimostrato con i fatti di essere quel che dichiara. Brillante e dritto verso l'obbiettivo, ma anche accogliente, bilaterale nel dialogo, gentile e spiritoso.
Ma come è iniziata quest'avventura che oggi lo vede come una delle iene più prolifiche e amate? «Facevo l'attore per Scherzi a parte e un autore mi propose di fare un servizio per Le iene; per il primo anno e mezzo ho provato a entrare in quel circuito e, credetemi, all'inizio fu molto dura. Presi comunque la mia decisione pienamente cosciente dei “rischi”; difatti le paghe inizialmente erano ridicole (anche se non ci crede nessuno...) e nei primi dodici mesi andarono in onda solo quattro miei servizi. Poi, con tenacia e fortuna, sono riuscito a conquistarmi un po' più di spazio».

Matteo, diplomato maestro d'arte, ha svolto vari lavori come orafo, cameriere, ballerino, modello, attore in spot pubblicitari; poi il salto verso lo status di personaggio pubblico. Un ragazzo come può coltivare i propri sogni? «Provandoci, mettendosi in gara, sempre, a prescindere dalla natura dei suoi sogni. Se vuoi trovare qualcosa per la tua vita non devi startene in casa ma scendere in strada e bussare a più porte possibili; per cento che ne provi se di va di culo se ne apre una, ma mai mollare. La vita va affrontata di petto, solo così puoi aspirare a vivere un esistenza completa».

Le iene: irriverenza, trasgressione, inchiesta, satira miscelati in un cocktail esplosivo dal 1997; tanti anni sul groppone, eppure appaiono ancora non solo credibili, ma anche fresche, giovanili e al passo con i tempi. Forse per la loro inclinazione ad annullare la distanza fra cronista e destinatario della notizia: «Esatto! Non ci interessa usare paroloni complessi e frasi complicate. Parliamo come mangiamo e ci mettiamo dalla parte delle persone vere offrendo loro storie in cui possono immedesimarsi e lasciando che si facciano la loro opinione al riguardo. Io giudizi non ne dò, non è il mio ruolo, anche se a volte, davanti a situazioni particolari, è molto difficile valutare le cose con distacco». 

Una iena: un curiosone affascinato da vicende particolari, ingiustizie, espressioni estreme della natura umana. Ma occorre fare parlare la gente davanti alla telecamera: «Non ci sono strumenti veri e propri per indurre le persone a parlare, ma se gli fai capire che sei dalla loro parte e che gli offri una possibilità, beh... diventa tutto più semplice».
Mediaset a Cologno Monzese

Ma come nasce un servizio? «In mille modi: leggendo un articolo di giornale, su internet o tramite le segnalazioni dei telespettatori; anche nella vita di tutti i giorni ti può capitare di sentire storie che poi sviluppi in redazione. Poi lì ognuno lavora per sè, ma di fondo siamo una grande famiglia... o meglio, diciamo un gruppo di fratelli impegnati, ognun per sè, a scalare la propria montagnetta...».

Matteo nel corso della chiacchierata si diverte ad essere molto più persona che personaggio, si muove in scioltezza in diversi campi della vita e approfondisce con trasporto e puntualità. Insomma il minimo sindacale non sa nemmeno cosa sia! «Ma non pensare che ci muoviamo con un'intera troupe per i servizi; di solito, quando usciamo per girare dei servizi, siamo in due: io ed il mio autore a cui spetta pure fare le riprese! E poi lo vedi questo tavolo su cui lavoriamo? E' come quello di casa mia... questa è la redazione. Riguardo al modo in cui montiamo i servizi, la nostra forza è proprio il montaggio serrato con cui scandiamo le storie, il che, secondo me non stanca mai. Un po' da videoclip, qualcosa che si differenzia dal tipico telegiornale istituzionalizzato». 

Nel 2010 un sacerdote accusato da Le iene di molestie sessuali si è suicidato; la televisione esercita un potere davvero immenso: «Fortissimo; mi spiace ciò che è accaduto a quest'uomo, tanto più che il servizio lo feci io. Quell'evento mi ha toccato molto e ancora adesso, a distanza di tempo, molte volte ci penso».
 
La televisione, per molte persone, rappresenta qualcosa di negativo, tu che ne pensi? «Non è il male assoluto, in fondo rappresenta un microcosmo del mondo reale; per esempio si dice che vi entrano solo i raccomandati ed è vero, ma solo in piccola parte, esattamente come in tutte le altre realtà lavorative. In Italia il nepotismo è pratica diffusa, si sa... ma qui, come altrove, c'è anche gente che si è fatta un mazzo tanto, che ha sudato e si è fatta il culo senza chieder niente a nessuno. Purtroppo puntare il dito è facile... la tv è lì, visibile da tutti e pronta a essere giudicata. A volte demonizzata».

L'ngresso della redazione de Le iene
Ma, una volta arrivati in alto, è possibile mantenere la propria essenza? E per arrivarci bisogna per forza diventare stronzi e cinici? «Essere se stessi è sempre la scelta migliore. Non c'entra l'essere in alto o in basso in un'ipotetica piramide professionale... ho conosciuto segretarie che per assicurarsi il posto sicuro sono andate a letto con il capo. Non so gli altri, ma io ho fatto mille sacrifici e non devo dire grazie ai favori di nessuno per quel poco o tanto che ho fatto».

Quindi se una giovane ambiziosa te la volesse dare per la carriera che fa Viviani? «Se dipende da me, resta al palo; chissà quale palo... /ride/ Seriamente non ho gli strumenti per migliorare la carriera di qualcuno; inoltre da quattro anni ho fatto scelta di monogamia, quindi il problema si risolve alla radice».

In un' équipe come la vostra tanto creativa e bizzarra ne usciranno delle belle; ma quale iena sta più simpatica a Matteo? «Il suo cognome è Viviani /ride/. No, non ce n'é uno in particolare. Però mi piacerebbe avere Diego Abatantuono come collega!».

I tuoi genitori che dicono? «Loro sono straordinari; hanno sempre condiviso le mie scelte e sempre fatto il tifo per la mia felicità. Non fanno carte false però per avere loro figlio in televisione, mia mamma sarebbe felice anche se facessi il cameriere».

E Nuccio Vip (personaggio della iena Angelo Duro)? «Lui rappresenta lo stereotipo del mostro generato dalla tv; è l'esasperazione della persona che brama di conoscere gente famosa. Allo stadio o davanti a Cinecittà vedo tanti Nuccio vip... che vi devo dire... io penso che i veri eroi non siano gli attori, i calciatori e nemmeno quei coglioni delle iene. Un eroe è chi salva la vita di un altro uomo, chi elabora progetti di utilità collettiva, chi spende la propria vita per la ricerca o per contribuire all'evoluzione umana; purtroppo, questi eroi, troppo spesso prendono poco più di un operaio».

Me ne vado da Mediaset con due sensazioni: aver arricchito il mio bagaglio grazie al dialogo con qualcuno che ha parlato senza filtri e la riflessione che le iene si pongono come spartiacque fra la concreta realtà di strada e il mondo patinato della tv.

Che loro siano gli unici a dirci la verità?