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mercoledì 20 febbraio 2013

D-BLOCK & S-TE-FAN: INTERVISTA HARDSTYLE

Un duo capace di infiammare le piste da ballo di tutta Europa, un duo capace di imporsi nel giro di qualche anno come una delle guide morali e materiali del movimento worldwide legato all'hardstyle, un duo che ha inanellato una serie straordinaria di singoli di caratura assoluta in termini di quantità e soprattutto qualità. 
D-Block & S-Te-Fan: Diederik Bakker & Stefan den Daas, due olandesi che dal 2004 girano l'Europa sulla scia impetuosa di live set dinamitardi, tributati di rispetto incondizionato dai kids che partecipano ai loro spettacoli con la deferenza che si riserva ai grandissimi.
E' veramente un onore averli ospiti in questo blog, loro che si sono esibiti un sabato sera alla discoteca "Spazio A4" di Santhià (Vc) nell'ambito di un evento organizzato dallo staff di Insound. Il sottoscritto ringrazia anzi Stefano Massara e Doctor Zot, oltre naturalmente a
tutti gli altri coinvolti in questa talentuosa e intraprendente famiglia, per la disponibilità e la gentilezza dimostrate.
DB&ST si pongono nel movimento hardstyle in una posizione privilegiata e al contempo a trabocchetto: a metà degli anni 2000 il filone sta mutando pelle, rifacendosi il trucco viziandosi con registri melodici provenienti da altri universi. Diederik e Stefan si trovarono un bivio non agevole: percorrere il vecchio stile più raw e duro o abbracciare le celestiali atmosfere? In realtà a livello commerciale ci si stava muovendo allora (come adesso) verso la seconda direzione e i nostri cominciarono ad imporsi come vogatori sopraffini protesi a quei lidi.
Quanto segue è il frutto della mia chiaccherata con loro.

Benvenuti in Italia, ragazzi; avete davvero spaccato il culo, il vostro live set è stata una bomba esplosiva!
Grazie mille, il pubblico è stato a dir poco spettacolare!
Raccontatemi per favore come vi siete messi insieme e gli inizi della vostra carriera.
Nel 2004 ci siamo incontrati un negozio di musica, si è creata la giusta atmosfera e abbiamo deciso di realizzare qualcosa insieme. Dopo la prima traccia ci prendemmo gusto trovandoci bene l'uno con l'altro e oggi contiamo nove felici anni di carriera e suoniamo ancora con grande entusiasmo.
Qual è il limite dell'harstyle? Sapete meglio di me che ha subito molte contaminazioni in questi ultimi anni; trance, hands up, melodie e mani alzate. Fino a dove si può spingere?
Il limite è che non ci sono limiti. Bisogna fare musica che esce dal cuore; noi dall'inizio suoniamo solo quello che ci piace. Sappiamo che alcuni si lamentano e dicono: "Quella traccia è troppo trance, quel pezzo troppo rude, quell'altro ancora un po' house". Quando siamo in studio, ci facciamo guidare solo da ispirazione e sentimento interiore. 
Quali sono le differenze fra gli appassionati di hardstyle in Olanda o in nord Europa e quelli più mediterranei?
La più grande differenza che abbiamo notato è che nel sud dell'Europa i ragazzi in pista si sentono vivi con il basso che scalcia. In Italia e Spagna vanno fuori di testa, ballano come matti, con una grande partecipazione che ci porta al settimo cielo. Conta che in Olanda in ogni fine settimana ci sono uno o più party; qui avete più sete di musica perché ne avete uno o due in tutto il mese. Da voi uno non si sente a disagio se è tutto sudato e affannato dopo una ballo furioso e questo è fantastico.
Che generi ascoltatre oltre all'hardstyle?
Quando siamo in macchina, abbiamo l'accordo di non sentire hardstyle, crediamo che quello funzioni ad un party per far scatenare la gente e noi stessi alla consolle. A casa sentiamo pop, house e tante altre cose; suoniamo quasi tutti i week end, a volte anche due volte ciascuno, in settimana l'hardstyle ci darebbe l'impressione di trovarci al lavoro.
Credo che "Young ones" sia uno dei vostri pezzi più prodigiosi in assoluto; come siete riusciti a creare questo cocktail perfetto fra l'originale e quella pazzesca bomba da dancefloor che avete dato alla luce?
Beh grazie delle belle parole. Entrammo velocemente in contatto con i ragazzi che hanno prodotto l'originale; ci metteva nel giusto feeling quella canzone! Ci colpivano le parole, che ben si sposano con i seguaci dell'hardstyle, i quali possono avere piacere a cantare "Noi siamo gli unici giovani". Ci buttammo così a capofitto e preparammo il tutto in un giorno e mezzo con un lavoro che ci soddisfa in pieno.
Adoro l'hands up, ma non mi spiego per quale motivo, e lo dico con profondissimo rammarico, nella mia Italia sia così trascurata. Pochi appassionati, zero produttori, zero eventi, assenza di scena. Come mai fa così fatica ad esplodere?
E' una domanda molto difficile; se ti può consolare, possiamo dirti che nemmeno in Olanda è popolare. Crediamo che chi sente hands up non scelga anche trance o house; è un genere che si pone a metà e rischia di non sfondare mai. E' un po' più duro della trance e troppo molle per i suoni più hard. 
Quanto è strana la cultura italiana: molta gente in generale reputa i gabbers quasi feccia, drogati, violenti e fuori dalle regole sociali. In Germamia e Olanda non ho l'impressione che vada esattamente così. Come mai?
Per l'hardstyle la situazione non è simile a quella dei gabbers; evidentemente alcune persone hanno stereotipi nella testa, vedono questi ragazzi con i vestiti dell'Australian, piercing, capelli tagliati in un certo modo ed emettono dei giudizi. Da noi non succede perché l'hardstyle è più diffuso che da voi, passa molto per radio anche in orario pomeridiano, la gente comune è più abituata a sentirlo. Comunque non è detto che ai party house giri meno droga, anzi! Ti possiamo garantire che agli eventi hardstyle si va molto più per la musica che per gli stupefacenti.
Come avviene il vostro processo compositivo?
Partiamo spesso da una melodia, poi facciamo prove e tentativi per capire qual'è la migliore direzione da prendere.
Ditemi qualcosa che non vi ho chiesto in questa intervista.
Ringraziamo il pubblico hardstyle italiano per esserci venuti a trovare e averci regalato una notte stupenda. Amiamo l'Italia! Grazie (detto in italiano)!