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domenica 3 marzo 2013

GIUDIZI UNIVERSALI

GIUDIZI UNIVERSALI

Anno: 2012
Genere: commedia

Voto: 7

Trama:
Un ragazzo (Alessio Facco), armato di fervente voglia esistenziale ma confuso su quale strada intraprendere, decide di recarsi in Spagna per migliorare la sua già buona capacità di suonare la chitarra. Il cuore gli batte per
una compagna di scuola (Marta Cesandri), a cui non riesce però a confessare il suo amore; una mamma eccentrica ma presente (Tania Angelosanto) gli fa da scudo alla vita. Una nuova sfida gli si prospetta prima di volare nel paese iberico: trascorrere qualche giorno con il padre (Riccardo Camilli), bizzarro uomo maturo forse solo all'anagrafe.

Recensione:
Il filone giovanilistico/adolescenziale è stato percorso dal cinema italiano negli ultimi anni e non solo in lungo e in largo. Pare che molti registri nostrani, alimentati dalla percezione di spendibilità da parte dei produttori,  abbiano sposato questa causa fino a imporla come strada meastra da battere a gonfie vele. Insomma, laddove il nostro cinema di genere ha avvertito un decremento tale da sparire quasi del tutto quanto a livello maistream, le commedie che inscenano i turbamenti talora pruriginosi talora fisiologici dei ragazzi sono uscite quasi a catena di montaggio.
"Giudizi universali" del regista Riccardo Camilli ricalca questo palcoscenico denotando carattere distinto e, spegnendo un'ideale "fotocopiatrice da macelleria produttiva", non ricalca pedissequamente orme già percorse arrivando a una personale rilettura della crescita verso l'era adulta. Il protagonista infatti, anche grazie a una prova attoriale spontanea e incisiva dell'esordiente Alessio Facco, porge gli occhi al mondo dei grandi con le contraddizioni tipiche della sua anagrafe; ma il regista Camilli rifugge gli stereotipi e propone qualcuno di credibile. Lo stesso Camilli gioca poi un ruolo determinante nell'incrementare il telaio drammaturgico dell'opera, alimentando l'altro macro-tema, ovvero il rapporto fra giovane/adulto, figlio/padre. E incarna il co-protagonista, un padre scriteriato e "buro" (come direbbero in Lazio), ma che non abdica alle sue responsabilità e, a suo modo, cerca di esercitare la responsabilità genitoriale. Gli scambi di battute, emozioni, sensazioni fra Camilli e Facco rappresentano l'asse portante del film, nonché convincono e lasciano il segno. I due dialogano anche e soprattutto con la comunicazione non verbale, si muovono con voce e postura con pregevole genuinità e lo spettatore si lascia viziare in questa dinamica figliare di cui vuole sapere sempre di più. Camilli si dintingue anche per una probabilmente voluta caratterizzazione estetica del padre: capelli un po' lunghi, trasandato e finto-giovanile nell'abbigliamento. A ciò si aggiunga un marcato accento "burino" che non diviene macchiettistico ma funzionale alla narrazione.
Il regista dimostra anche di non sottovalutare i luoghi entro cui si svolge l'azione: già dai primi minuti con le panoramiche a Roma, i titoli di testa e la bellissima "Chitarra romana" di Gabriella Ferri; poi alle spalle degli attori, per tutta la quasi ora e mezza di durata, il luogo si fa sempre portatore di espressività e senso. Interessante anche la dualità originatasi fra la vita del protagonista a Roma/Monterotondo, più borghese e standard, e quella a Montelibretti, più provinciale e chiusa. Non solo: anche le canzoni si divertono a raccontare qualcosa di più delle vicende grazie anche alla soundtrack firmata Cristiano Ciccotti, già noto nell'ambito cinematografico indipendente per i lavori fatti con Daniele Misischia (il quale appare nei crediti del presente film come aiuto regista). 
Il resto del cast si muove fra buone individualità e comparse un poco anonime e dotate di peso artistico debole. Fra le prime da segnalare Tania Angelosanto nel ruolo della mamma e il fratello del regista, Claudio Camilli, il quale, a dispetto degli esigui momenti in scena, contribuisce a determinare il carattere di questo padre istintivo e indelicato.
Tutto bene dunque? Quasi. "Giudizi universali" avrebbe potuto imporsi ancora maggiormente all'attenzione di tutti. Anche forse a causa di un budget quasi a zero (Camilli è un regista indipendente), alcune dinamiche vengono solo abbozzate e non approfondite. L'opera svolge molto bene taluni obiettivi e ciò è già molto; peccato non avere concesso spazio ancora maggiore al rapporto fra padre e madre, ai conoscenti di Facco, al suo rapporto con il suo sogno proibito Marta Cesandri. Non avrebbe guastato anche una revisione della sceneggiatura, la cui incidenza poteva essere migliorata e impreziosita da un più attento lavoro di editing.
Camilli mette in mostra comunque ottime doti, già portate a occhi e orecchie di molti grazie a una filmografia attoriale e registica già ricca. Vi è da auspicarsi che la sua poetica arrivi presto alla cattedra e nell'agenda di produttori che contino. Anche per offrire al pubblico, giovanile e adulto, una forma di commedia depiurata dalle pastoie plastificate mocciane, brizziane e d'alatriane. Restituiamo il cinema a chi lo sa fare con delicatezza e cuore: Camilli rientra in questa categoria.