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mercoledì 20 marzo 2013

GLAUKOR: INTERVISTA ITALODANCE

Dietro a una canzone c'è sempre un artista; e dietro a un artista c'è sempre un uomo con idee, valori e una storia personale. Suscita interesse quella di Andy Shehu, in arte Glaukor. Non capita infatti tutti i giorni di imbattersi in un produttore di dance nato in Albania. La discussione allora si fa preziosa e stimolante e non ci siamo fatti scappare l'occasione di domandare a Andy non solo questioni musicali, ma anche culturali del suo Paese. 
Il suo nome si è imposto negli ultimi anni come esponente apprezzato e noto nel panorama italodance con una manciata di progetti, singoli e collaborazioni convincenti e di grande impatto.
Ecco il frutto della nostra chiacchierata.

Hai praticato arti marziali per diversi anni; cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Ho fatto arti marziali per otto anni, stile coreano, sono arrivato al secondo dan, cintura nera secondo
grado nel taekwon-do. Disciplina, rispetto, non mollare facilmente, essere amichevole con gli altri; questi erano comportamenti che mi venivano insegnati mentre mi allenavo. Ho iniziato a 7 anni nel 1996 e sono andato avanti per 8 e poi con gli studi universitari mi sono fermato. Ma ho imparato moltissimo.

Prima di essere un producer musicale, sei stato un grande appassionato di italodance; quali canzoni e quali artisti ti hanno fatto innamorare di questo genere?
Ascoltavo dance fin dai tempi di Corona e Dr.Alban e poi è arrivata «Blue» degli Eiffel 65 che è stata un'illuminazione. Sentivo sempre musica, anche prima di dormire; ai quei tempi c'erano le cassette e compravo moltissime compilation, non sapevo ancora che sarei diventato un producer. Fino al 2009 sono andato avanti così, non avevo tempo per dedicarmi con impegno alla produzione. Con un cellulare GSM Nokia riproducevo anche le melodie di pezzi che mi piacevano e poi sono arrivati i computer; per me fu la grande occasione, perché non ho un background musicale. All'inizio del 2010 un mio cugino mi ha aiutato a entrare in questo mondo e su youtube ho sentito una canzone di dj Doddo, gliel'ho commentata chiedendogli di fare un remix. A Domenico (Domenico Pepe aka dj Doddo) è piaciuto e abbiamo inziato a collaborare, è stato un bel periodo alla scoperta dei suoni e di crescita comune.

La tua affermazione è avvenuta però con il progetto ItaloProducerz: come hai creato una canzone come «Lamtumire»? 
Io di solito inizio con la melodia; ho scritto la parte di piano e, canticchiando una melodia, mi è uscito qualcosa in albanese e Domenico ha cantato lo stesso in italiano. «Lamtumire» significa «addio», dj sTore ci ha aiutato e ha fatto anche un remix. Abbiamo poi preso nella squadra anche Raffy e il progetto ha avuto successo in varie charts come in Repubblica ceca o IDN. Non ce l'aspettavamo anche perché il cantato principale è in albanese, una lingua certo non diffusa nella dance music.

Nel 2006 ti sei mosso verso Roma per frequentare l'università La sapienza; che ricordi hai di quel periodo? Come te la sei cavata con la lingua?
Da tempi tanti ragazzi albanesi vanno in Italia a studiare; la lingua non è stato un problema, in Albania molta gente parla italiano e avevo parenti che vivevano lì. Facevo scienze della psicologia del marketing; Roma è bellissima, ma non mi trovavo troppo a mio agio e ho trovato il modo di andare in Corea a studiare nel 2007; mi mancava qualcosa, sentivo che la cultura coreana mi stimolava e ho coronato questo sogno.

Una scelta particolare quella della Corea del sud; cosa puoi raccontare al riguardo?
L'Asia è completamente diversa dai nostri posti; ho incontrato persone americane ed europee che non si sono mai adattate nonostante fossero lì da tanto tempo. Per me è stato diverso, ero contento di trovarmi in quel posto e da subito mi sono ambientato. Anche con la lingua me la sono cavata subito e così con il cibo. Ci vuole il buon senso di imparare nuove cose e assorbire un'altra cultura; tra qualche mese tornerò a concludere il percorso di studio. A volte ci ripenso e mi sorprendo ancora oggi di questa decisione; ma non ci sono stato troppo pensare perché nella vita, quando vuoi fortemente qualcosa, occorre farlo e basta. Quando ci rifletti troppo, stai sicuro che non lo farai mai.

Verso il tuo Paese di origine, l'Albania, alcuni hanno preconcetti; io non ne so molto, com'è la vita da quelle parti e quali cambiamenti avete attraversato negli ultimi 20 anni?
Per me la cosa fondamentale è essere brave persone; molti pensano che Glaukor sia italiano, invece vengo da una Nazione con poca tradizione per la italodance. Ma io mi considero albanese solo di nascita, mi piace pensare di essere europeo, cittadino di tutti i luoghi; se conosco qualcuno, non mi chiedo da dove viene, valuto se è buono e intelligente. Una ventina di anni fa in Albania si viveva in modo diverso, ma credo che ora sia uguale a molti altri Stati europei. I pregiudizi uccidono la cultura: In Corea, parlando dell'Italia, mi sentivo dire «casanova», «mafia», «pizza», «spaghetti». Da noi è terminato il sistema totalitario comunista, c'è democrazia. E un ragazzo da noi può andare a divertirsi in discoteca, fuori a mangiare; la gente adesso è molto più aperta di prima e i ragazzi sanno molte lingue. Anche il lavoro c'è ma ovviamente la crisi che si è sentita in tutto il mondo ha colpito anche noi.

E' evidente che tu ami il piano; credi che un produttore italodance possa creare suoni solo con macchine di sintentizzazione o anche con strumenti fisici?
Qualche volta penso che avrei dovuto studiare bene il pianoforte, lo adoro, è più facile creare suoni così e cerco di metterlo in quasi tutte le mie produzioni. Ci vuole apertura mentale, il che aiuta a variare anche il proprio stile ed essere creativo. La scelta è sempre del producer, occorre però comportarsi in modo sincero con la mente libera.

Quali soni i pezzi che hai scritto e che oggi ti piacciono di più?
«Lamtumire» la amo ancora, un'altra è «Don't stop», che mi mi emoziona ancora oggi; per questa avevo organizzato anche un contest di successo, mi sono venuti incontro tanti colleghi con remix di alta qualità e che ringrazio. Poi ce n'è un'altra che deve uscire con ItaloProducerz; credo che alla gente piacerà un sacco e farà parte forse dell'ultimo ep di questo gruppo.

Sulla tua pagina facebook hai commentato alcune critiche per la tua traccia «Stare con me». In realtà il breve inserto dubstep a me non disturba; cosa pensi della progressione e del futuro della italodance?
So che a qualcuno non è piaciuto. La canzone è iniziata per gioco e con un amico albanese che sta a Napoli e fa progressive house abbiamo creato questo vocal e poi concluso la traccia. Anche il dubstep viaggia ai 140 bpm come la italo e abbiamo deciso di provare a mischiarle per qualche secondo. Nessuno tentato negli ultimi anni a innovare il nostro genere, ma dobbiamo provare a farci ascoltare anche da altri pubblici. Le critiche non mi danno fastidio, significa che mi hanno ascoltato. Ho fatto un altro remix per Italo Lovers lavorando in modo simile con il breakbeat; è un genere che non escludo di seguire più avanti. Per il futuro credo dobbiamo abbassare i bpm e mantenere le melodie italo, altrimenti il genere morirà e staremo ad ascoltarci le canzoni a vicenda senza audience. La progressive house secondo me è la dance moderna, bisogna insistere in quella direzione. Al di là di tutto, farò sempre musica per passione; e apprezzo moltissimo un'esperienza come la Italo rumble group, la nuova etichetta che raduna vari produttori italiani, per cui l'unione fa la forza.

Mi piace moltissimo la tua «Loco» (original mix); è molto «maranza», come diciamo qui in Italia, più maranza degli altri tuoi lavori. Parlami del pezzo.
Cerco di essere libero di mente quando faccio musica, dipende come mi sento in quel dato momento. Qualche volta è maranza, qualche volta è più delicata, a volte vecchio stile tipo primi 2000. Non voglio essere troppo influenzato dall'esterno, la creazione deve essere fatta a modo mio a prescindere da quello che va di moda. «Loco» è venuta perfetta così, veloce, ballabile, come la volevo; e comunque conosco bene il termine «maranza», mi piace usarlo e mi fa ridere.

Tu fai uscire canzoni sotto vari monickers; perché vari artisti italo usano vari pseudonimi? 
Se ci sono tanti nomi che fanno italo, i fans pensano che il genere è ancora vivo e vario; ecco perché appoggio gente come Dance Rocker, Stefano, un ragazzo bravissimo nella compisizione, nel remix e ottimo come persona. I miei sono Glaukor, Sound on, Fernand Rolex, Ethnic Albania, da pochissimo I got to be famous e naturalmente ItaloProducerz. Ultimamente ho collaborato con Dami Tanz, un giovane di Brescia che sta crescendo molto bene. E, a parte il mio fraterno amico dj Doddo, vorrei citare un altro di cui ho massima stima e rispetto: Dj Hunter, Francesco, uno dei più forti in assoluto.

Da dove deriva il nome Glaukor?
Glaukia era stato un re albanese nell'antichità; mia sorella ha studiato a Roma archeologia e venne fuori con lei. Glaukor non ha significato, è di invenzione, risale a tanti anni fa e ora ci sono affezionato.

Concludi come vuoi l'intervista.
Mi fa tanto piacere il lavoro che stai facendo con noi della italodance, io non sono abituato a spammare il mio nome e ho parlato con te volentieri. Grazie mille! Sarebbe bello che altre persone dessero più spazio alla nostra musica, anche fra etichette musicali e radio. Siamo nati purtroppo in un periodo in cui il genere va poco, ma credimi, credo di poter parlare per tutti, lo facciamo con grande cuore e meriteremmo molta più considerazione.