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mercoledì 17 aprile 2013

ICARO: INTERVISTA HARDSTYLE

Gli affezionati alla discoteca «Due» di Cigliano (Vc) non possono dimenticare il momento «Scaldacasse»; e di speakers dj Icaro ne ha incendiati parecchi in quell'avventura anni orsono, esperienza che lo ha consolidato performer dietro alla consolle apprezzato a tal punto da conseguire il ruolo di resident per gli eventi Insound. Regolarmente impegnato, questo volta in scena quando le casse sono già belle calde,
allo Spazio A4 di Santhià (Vc) e allo Chalet a Torino, Christian (questo il suo nome di battesimo) in tutti gli eventi disciplina il dancefloor talvolta a suon di violente sberle raw, tal'altra con tappeti atmosferici più suadenti. Che utilizzi la vasellina o meno, Icaro, rifacendosi al personaggio mitologico da cui mutua il nome, rapito dall'ebbrezza del volo, si libra in aria sulle ali dell'hardstyle. Ma, a differenza del mito greco, le sue ali non sono incollate con la cera; dunque, una volta protesosi verso il sole, non cade in mare e rimane ben saldo dietro la sua consolle a far danzare la gente.
Presentati ai lettori del mio blog e traccia un riassunto della tua carriera dagli albori ai giorni nostri.
Ho iniziato nel 2002 al «Parhasar» come semplice pr, uno dei tanti; a furia di insistere con l'organizzazione di questo locale, ho avuto la possibilità di suonare un paio di volte nella «red room», la sala hard. Dopo qualche esperienza anche negli eventi estivi, mi sono tuffato nel mondo Insound al «Due» di Cigliano con la nascita definitiva di Icaro; ringrazio ancora oggi Marco Demolition che mi ha scoperto e insieme a Garby ho formato un duo che per 4/5 anni ha fatto il mitico «scaldacasse», che è ancora ricordato adesso e che testava ben bene l'impianto dalle 11.30 all'1.30. Che ricordi stupendi! Già a quell'ora la gente era presa bene e ballava di brutto. Adesso suono in orario più centrale e, dopo 11 anni di gavetta, posso dire oggi di essermi creato il mio spazio e miei fans.
Suoni ogni mese nelle serate sia torinesi che a Santhià. Non c'è il rischio dopo un certo periodo di tempo di stancarsi di nottate pur meravigliose ma simili fra loro?
Personalmente no; cerco di sempre di variare i miei set, posso mettere un paio di tracce più «hit», più conosciute, ma su 10-15 pezzi l'80% è sempre diverso e la gente non si stufa. Essendo un genere di nicchia, lo si ama follemente, è difficile arrivare alla noia, c'è troppa passione di fondo.
Tempo fa allo Spazio A4 ti sentii fare un avvincente set hardstyle piuttosto melodico . Come si riesce a far correlare i propri gusti con le canzoni che il pubblico presumibilmente vorrebbe sentire?
Le prime regole per me sono passione e cercare di inserire qualcosa di mio in ogni set; ogni sera è comunque un compromesso fra le due cose, fermo restando la mia impronta personale che deve affermare sempre quello che sono.
Uno dei vocalist di Insound, Darko MC, mi disse che il pubblico torinese è più moderato e sobrio rispetto a quello di Santhià, che invece vive il club con un approccio più aggressivo e wild. Sei d'accordo? E se sì, come ti motivi questa differenza?
Esiste eccome. Allo Chalet, anche se si tratta di musica di nicchia, viene tutta la gioventù del torinese tra cui gente che ascolta magari anche house e commerciale; il grande evento con grandi nomi lo richiama. Conta che da un paio d'anni è la serata più grossa che si organizza fra Torino e hinterland e infatti il numero di partecipanti è sempre altissimo. Allo Spazio i ragazzi hanno sete assoluta di suoni hard, il pubblico è più specifico e ha una gran voglia di ballare.
E' innegabile che Insound abbia il ruolo di leadership per quanto riguarda i suoni hard almeno nel nord Italia, se non di più quanto a confini. Dimmi tre caratteristiche che vi consentono questa posizione dominante.
Come staff siamo distribuiti in tutto il Piemonte tra Vercelli, Novara, Torino, Cuneo, Alessandria e così riusciamo ad attirare clientela un po' dappertutto. Poi siamo conosciuti sul mercato da anni, il che ci fa avere una storia e un rispetto a priori nel nord Italia. E infine la nostra ambizione di fare grandi eventi con effetti laser e fumo sullo stile di un party olandese ci ha ripagato molto.
Come è cambiato il tuo approccio alla musica dall'inizio, quando eri più pischello e solo fan, ad ora che ti esprimi in consolle davanti a tante persone? Non succede che, sentendo una canzone per la prima volta, quasi senza rendertene conto pensi già a come e dove dovrebbe suonata?
Non ti nego che, rispetto a qualche anno fa, viene naturale pensare se quel pezzo possa piacere alla clientela; ma prima di tutto deve esaltare me e, a furia di presentarlo nel modo giusto e con la costanza giusta, spesso poi se ne innamorano anche i ragazzi. Bisogna spingere, pubblicizzare la musica in cui si crede, prima o poi entra in testa a sempre più persone; se non fosse così, quale sarebbe la differenza fra semplice ascoltatore e dj?
Fammi cinque nomi di artisti hardstyle internazionali e italiani che ti fanno impazzire e, visto che non sempre è possibile essere buoni, fammene altrettanti che detesti o non stimi.
Bella domanda! Facciamo che te ne dico qualcuno che stimo e gli altri non li nomino, anche se ci sono eccome. A livello italiano sicuramente Zatox, numero uno da diversi anni; come stranieri mi piacciono moltissimo Coone, Da tweekaz e molti altri. Ti dirò che non ho djs preferiti, non sono uno di quelli che sbavano per ogni produzione che butta fuori il suo big del cuore; vado più a singola canzone, melodica o raw non importa. Voglio citare anche Atom, che è nell'etichetta di Zatox e sta facendo grandissime cose. Ci sono poi due/tre djs italiani che proprio non mi piacciono; non stanno più producendo e ciò che fanno oggi non lo trovo adatto a questo periodo storico.
Che cosa a tuo parere un dj non dovrebbe mai fare in consolle? Quali comportamenti, scelte o attitudini potrebbero mandare a puttane il suo spettacolo?
La ripetitività: conosco djs che mettono sempre le stesse tracce; la gente poi non solo si stufa, ma ti conosce solo per quelle. Io invece voglio essere conosciuto per lo stile che faccio, non per le canzoni. Come attitudine non deve tirarsela e saper curare il buon rapporto con la clientela; con i ragazzi devi porti in un certo modo, avere i piedi per terra. Questa per me è una regola, ma non mi sforzo troppo perché di carattere sono amichevole.
Una persona come te, che vive la notte e il club in modo così preciso, con una netta scelta legata agli hard sounds, come si sente e come si approccia agli altri quando viene «trascinato» in contesti diversi? Che possono essere locali con musica diversa, normali serate in luoghi in cui non si balla, ecc.
Dal 2002 per diversi anni sono stato in discoteca quasi tutti i sabati; ora come ora vario molto di più e, se un sabato esco per un pizza, un cinema o un pub, sono contento perché non corro il rischio di divertirmi in modo ripetitivo. In questi casi mi trovo perfettamente a mio agio, non sento la mancanza dell'hardstyle; anzi mi stresserebbe se passassi come quando ero più giovane tutte le sere in quel contesto.
Insound dove può arrivare? Visto che praticamente avete portato in Italia il massimo mondiale dei suoni duri, che cosa si prefigge il gruppo per il futuro? Intendo un futuro di qualche anno.
Progetti prestabiliti non ne abbiamo; l'idea è quella di continuare così crescendo e sperando in qualcosa di più grosso a livello estero, di palazzetti, stadi, magazzini con il solito approccio dello stile nordeuropeo. Come locali di riferimento terremo però ancora di certo lo Spazio A4 e lo Chalet.
Faccio l'avvocato del diavolo: alcuni vedono l'hardstyle e l'hardcore come generi dai beats e dai ritmi tutti uguali e monotoni. Che cosa dovrebbe fare un producer per uscire dal gregge e imporre uno stile personale?
Sono onesto: su tante tracce quel discorso è vero, hanno gli stessi suoni e si somigliano. Però ci sono grandi djs che inseriscono qualcosa di innovativo e fanno evolvere il genere in un periodo di monotonia in cui la maggior parte dei pezzi va in un'unica direzione. Nel concreto? Beh ognuno di questi big lo fa a seconda dell'istinto: una sonorità, una frase, un concetto, un tempo più basso o veloce.
A fine intervista i sogni sono più che leciti: con quale artista/dj vorresti tanto dividere il palco ma ancora non ci sei riuscito?
Certo ce ne sarebbero tanti, ma a parer mio la cosa migliore è suonare da solo e sentirsi al centro della serata mentre tutti ballano la tua musica. E' meraviglioso condividere cuffie e mixer con un artista che magari anni prima eri andato a vedere suonare facendoti centinaia di chilometri. Ma la sensazione di respirare il calore di centinaia di persone mentre sei tu a farli divertire è inarrivabile.