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giovedì 4 luglio 2013

ANDREA STROPPA: ITALIA PAESE DELLE ILLUSIONI, SCAPPIAMO

Oggi pubblichiamo l'intervento di Andrea Stroppa, 19enne diventato un punto di riferimento nel mondo informatico italiano. Andrea ci racconta le difficoltà incontrate dopo aver creato Uribu, piattaforma di denuncia civica lanciata l'anno scorso insieme a quattro amici e molto apprezzata all'estero. Lettera d'amore-odio per un Paese che spezza le ali dei suoi talenti e incitamento per i giovani che nonostante tutto continuano a sognare.

Quando ho visto su corriere.it la lettera dal titolo "L'Italia è morta, andateve finché siete in tempo", dentro di me sono passate emozioni su emozioni che si sono infine trasformate nelle righe qui di seguito. Ho 19 anni,
provengo da una famiglia modesta e ho una grande passione per l'informatica. Tralasciando tutta la biografia noiosa, l'altro anno insieme a quattro amici ho lanciato un software con lo scopo di aiutare i cittadini nella loro comunicazione con le pubbliche amministrazioni. Mesi di lavoro, tante spese ed un solo sogno: migliorare questo Paese, senza chiedere neanche un centesimo in cambio.
I media, compreso il Corriere, in più occasioni hanno dato spazio all'idea che mai fino ad ora era stata realizzata in modo così innovativo. Dopo aver ricevuto premi istituzionali ed elogi sulla stampa dovevamo passare ai fatti: prendere contatti con le pubbliche amministrazioni. Vi lascio immaginare com'è finita.
Dopo aver vinto l'ennesimo premio come idea innovativa, come miglior sito per i cittadini consegnatoci da Prodi, e dopo aver vinto competizioni tecniche a livello internazionale, veniamo contattati da Mozilla, direttamente dal presidente. Dopo alcune conferenze Roma-San Francisco entriamo in contatto con Code for America, una non-profit americana che fa progetti simili al nostro, ma con un modello organizzativo con un fondo milionario dove poter finanziare progetti e offrire strumenti e risorse.
Rimangono sbalorditi dalla nostra piattaforma e ci chiedono come mai ancora nessuno in Italia abbia utilizzato la nostra tecnologia. Dopo un anno anche io mi faccio la stessa domanda.
Non mi butto giù, ma ho un po' di rabbia.
Due mesi fa insieme al mio collega, poco più grande di me, lanciamo una ricerca tecnica sui social network. New York Times (diventando l'articolo tecnologico più letto), Forbes, Russia Today, BusinessInsider, il maggior sito di informazione cinese QQ, Bloomberg, FoxNews, Time, i maggiori quotidani tedeschi, olandesi, spagnoli, francesi, indiani, greci, giapponesi. Negli Stati Uniti la ricerca viene mostrata in tv ben 3 volte su una delle emittenti più importanti: la Cnn. Ci arrivano i complimenti dalle maggiori aziende tecnologiche degli Stati Uniti e dai professori di Stanford, Harvard, MIT, Hong Kong University e Oxford. La ricerca viene presa come spunto nelle conferenze dei professionisti dell’informatica, in questi giorni è stata utilizzata a Miami davanti ad una platea di migliaia di persone del settore.
Una ricerca lanciata da due italiani uno dei quali non ha neanche concluso la maturità (io). La ricerca fa il giro del mondo:
Il nostro entusiasmo finisce quando poi una volta usciti dal mondo virtuale ritorniamo nella realtà dell'Italia. Un Paese che non offre nulla, ma che neanche ti lascia inseguire i tuoi sogni. Ti spezza le ali prima di poterle avere. Il Paese delle illusioni.
Un Paese che ha perso i suoi cardini: la giustizia, l’istruzione, la sanità, il sociale. Un Paese dove veniamo allevati con l’idea che non serve essere bravi, ma avere conoscenze, una spintarella, un’amicizia. Dove rubare un po’ alla fine è giusto, tanto lo fanno tutti. L’Italia è un Paese dove poi non esiste mai un colpevole, dove la politica non ha mai responsabilità, dove tutti alla fine hanno sempre pronto il dito puntato verso qualcun altro. Sarebbe infinita la lista delle cose che non vanno in questo Paese. La colpa è principalmente degli italiani, di una buona parte degli italiani ai quali bisognerebbe strappare la cittadinanza. 
Dei giovani, della maggior parte, che non è pronta alla globalizzazione, che non guarda più lontano dalla finestra dell'aula di scuola. Sì, andiamo via.

Un amico pochi giorni fa ha ricevuto la conferma del suo contratto indeterminato in Polonia per una compagnia di antivirus. In Italia, spero non me ne vorrà, era uno degli "sfigati", le persone lo consideravano "strano". Strano perché leggeva un quotidiano inglese ogni mattina, strano perché aveva tante passioni, strano perché non sapeva rubare, non sapeva inchinarsi davanti a nessuno. Strano perché questa società trasforma il normale in strano e lo sbagliato in normale. 

Ho visto una scena di un film che diceva che l'Italia è un Paese da distruggere. Il peggiore perché non cade mai veramente, ma rimane immobile. Tutti si lamentano, tutti continuano a fare quello che facevano.
Io vorrei tanto non scappare, vorrei rimanere in questo Paese, in questo spazio di terra che ha una storia indescrivibile, ma che non riesce più a scrivere un futuro dignitoso. E proprio per la dignità non riesco più a sopportare che questo Paese venga stuprato ogni giorno.
 
L'Italia non è un Paese morto, l’Italia è un Paese morto ammazzato.
 
Fonte: solferino28.corriere.it