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domenica 8 dicembre 2013

IL MARITO DELLA PARRUCCHIERA

IL MARITO DELLA PARRUCCHIERA

Regia: Patrice Leconte
Cast: Jean Rochefort, Anna Galiena
Anno: 1990
Genere: commedia
Durata: 82'

Voto: 8

Trama:

Un bambino di nome Antoine (Jean Rochefort), viso e occhietti vispi e curiosi, passa l'infanzia a farsi tagliare i capelli dalla procace parrucchiera del suo quartiere. Da grande corono il sogno di una vita, ovvero
sposarne una, Mathilde (Anna Galiena);
l'angusto ma vitale spazio di una bottega diviene così luogo in cui amore e professione si miscelano.

Recensione:
Pochi registi a parte Patrice Leconte sarebbero riusciti in questo piccolo miracolo: pennellare di poesia quattro mura facendone la dimora di una felicità semplice e amorevole. C'è delicatezza sentimentale nelle pagine di questo libro della vita, un «bignami» dei giorni migliori in vista della calma mentale, di una pacatezza interiore che si risolve nel più basico degli istinti: il rapporto d'amore fra due persone.
Antoine e Mathilde si ritrovano sulla strada dell'esistenza e niente sarà più lo stesso; legati da affinità elettive nascoste ma meravigliose, non chiedono altro dal destino che bastarsi l'uno con l'altro. Leconte, con la chiarezza compendiosa che gli è propria e che in questo caso fa di lui un sopraffino aedo delle piccole cose, si aggiunge con circospezione a tale connubio e flirta senza intromettersi con una telecamera sbarazzina ma vitale. Li riprende mentre si guardano, si baciano, fanno l'amore, si relazionano ai clienti e tali istanti (non momenti, bensì istanti) risplendono grazie a una fotografia accesissima e colorata che proietta le vicende nella favola.
Come non reputare poi un'altra protagonista la bottega e di riflesso anche il quartiere; semplici e poco adorni entrambi, offrono allo spettatore una sorta di refugium dello spirito, quasi che anch'egli dovesse recarsi lì a tagliare i capelli. La parrucchiera e il marito, il quale non fa altro nella vita che osservare la sua burrosa amata intenta al lavoro, accolgono cliente e spettatore stesso con gentilezza di modi, eleganza ed enfasi che in vari casi rimanda al surrealismo.
Ecco emergere un altro aspetto che Leconte ha più volte maneggiato nel suo cinema: il sovrapporsi fra varie realtà senza il prevalere di una. I fatti che narra si prestano a più angolazioni di giudizio e, serenamente, sfuggono a oggettivi parametri. Lo spettatore qui se ne infischia di asseverare il protocollo scientifico delle vicende, preferisce perdersi negli occhi da cerbiatta della parrucchiera, nell'affettata movenza di Antoine o nei personaggi bislacchi che frequentano il negozio.
Rochefort e la Galiena costituiscono un «tandem» (tanto per citare forse l'opera per cui Leconte è più conosciuto in assoluto) spettacolare: il primo, vero e proprio attore feticcio del regista francese, si muove con il burro sotto i piedi e raggiunge la perfezione quanto a ricercatezza e dolce mistero di atteggiamenti. Le sue danze istrioniche con canzoni arabeggianti, connesse allo sguardo evanescente, rappresentano una delle cose per cui la pellicola viene più ricordata. E che dire della Galiena, che, in stato di grazia, diede una svolta alla carriera grazie a questa chance offertale. Bellissima, ma di una bellezza da favola, non volgare ma che non rinuncia alla sensualità; è esattamente quello che il piccolo Antoine sognava da bambino, carne e spirito insieme.
E non sarebbe un'opera di Leconte senza il risvolto amaro, che, quando affiora, non fa altro che irrobustire di bellezza il quadro generale. Leconte dà così corpo alla riflessione che dietro alla felicità si celano macchie, coni d'ombra, forse parafrasando la fragilità dell'umana natura.
In questa prospettiva fortemente teatrale i dialoghi assumono importanza decisiva, scambi di battute mai pesanti, sfuggevoli, oliati dal sentimento amore e misurati in modo strepitoso.
Leconte riesce nel miracolo, piccolo, ma pur sempre miracolo, animare la sensazione che non stia succedendo niente.
Oltre alla già citata fantastica fotografia curata dal fidato Eduardo Serra, vale la pena ricordare un montaggio adeguato agli intenti del regista e la musica, che arriva sempre nei momenti più adeguati e conferisce spessore.
Il film ha guadagnato nel 1991 e nel 1992 svariati riconoscimenti internazionali.