Mi avete letto in ...

lunedì 23 dicembre 2013

LE QUATTRO VOLTE

LE QUATTRO VOLTE

Regia: Michelangelo Frammartino
Cast: attori non professionisti
Anno: 2010
Genere: documentario, drammatico
Durata: 84'

Voto: 8
 
Recensione:
Il fortunato spettatore che si imbatta in quest'opera del regista di origini calabre Michelangelo Frammartino si faccia un favore: si tolga il velo del preconcetto e cerchi di non vedere questo come un mero film ma di intraprendere un vero e proprio viaggio nel tempo, nello
spazio e nella mente. Purtroppo, dato che Le quattro volte comunque appartiene alla categoria del mondo "film" e non tutti possono permettersi un tale sforzo d'azione, il lavoro è destinato a entrare di diritto nel ben impaginato libro delle gemme misconosciute ai più.
Si tratta di un autentico viaggio tra elegia, mito e realtà; i personaggi non sembrano che attori inconsapevoli di un piano favolistico ed effimero in cui la verità effettuale prende a braccetto l'azzeramento temporale per celebrare con gaudio e baldanza l'egemomia della natura. Quest'ultima diviene il primo protagonista del racconto e viene dipinta sia nella sua componente serena e pacifica che in quella cinica; in tal senso l'antica dicotomia fra "madre e matrigna" trova virtuosissima rappresentazione. Boschi, prati, cielo, pioggia: questi elementi obbediscono a forze oscure e ingovernabili ma anche generose e foriere di risorse e sostentamento. La natura insomma permette alle capre di alimentarsi e al pastore la sussistenza, ma costringe anche un tenero agnellino a perdersi durante il suo primo pascolo smarrendo la rassicurante folla che lo precedeva.
E l'uomo che ruolo ha in tutto questo? Forse nessuno. Frammartino compie un piccolo miracolo: spoglia l'uomo della sua umanità (perché lo fa fondere con la natura) e dota la natura di umanità. Tutto, veramente tutto, dal più nascosto granello di sabbia al filo d'erba nel regista viene valorizzato, ha un'espressione umana e viene imbevuto di vivida vita. Sbaglia, oh se sbaglia, chi casserà questo film stigmatizzandone un presunto immobilismo; l'intento del regista, che poi si fa nutriente realtà, è dare vita alla vita in tutte le sue forme e sinceramente sgomenta quanta esistenza esploda letteralmente dallo schermo.
Per raggiungere tale traguardo e per ambire ad altro ancora ecco la scelta più anti conformista possibile: destrutturare la forma filmica a tal punto da segare via di netto tutti i dialoghi. Chiariamolo: ne Le quattro volte non è che si parli poco, non si parla proprio. Solo il sibilo del vento, il belato del gregge, il contatto delle ruote del trattore su uno sfondo terreo... E' solo la natura che può parlare, dire la sua, esprimersi, regina assoluta di un contesto sociale che sa ancora rispettarla e temerla come le si compete. Quasi che all'uomo, almeno nel contesto bucolico delineato dal film, opportunatamente sia concessa null'altro che deferenza e che in questo modo non si sta tanto male.
E metaforicamente Frammartino si spinge oltre facendo annusare allo spettatore quattro vicende legate l'una all'altra, quattro modi di intendere la vita, forse le quattro stagioni. Dalla morte arriva alla vita, dal male si giunge al bene, nulla si crea e nulla si distrugge in questo ciclo ambientale dove madre natura impone una tonificante armonia.
Lo spettatore con la sensibilità meno affinata potrà comunque godere dell'aspetto estetico, iconografico se non di quello puramente etnografico. Un'atmosfera che lo pone in bilico fra documentario e finzione cinematografica, in cui campi lunghi meravigliosi li proiettano lontano, in un contesto dimenticato ma che non può non affascinare, sedurre.
"Così deve andare" sembrano dirci sia Frammartino che la natura. E ciò ha del prodigioso giacché si fa implicitamente pedadogica forma di pensiero. Soprattutto in tempi di consumismo esasperato, cementificazione selvaggia e tracotanza umana nei confronti della natura... Beh questa pellicola ci sospinge a ridimensionare il nostro posto nel mondo, riagguantare un po' di sana umiltà, riprendere in mano quella frugalità che i nostri avi tramandarono ma che molti hanno smarrito.
Le quattro volte ci fa fare un bagno, un bagno di sole illuminando un cammino che sempre più per forza di cose deve convergere su moderazione, sobrietà e disponibilità sentimentale ad amalgamarsi con gli altri esseri viventi, siano essi umani che naturali.
Come una filastrocca antica si arriva un po' provati a fine viaggio; un po' perché Frammartino mette a ura prova la nostra idea consolidata di cinema e un po' perché la semplicità di cui si fa portavoce è talmente naturale e "semplice" da porre nella nostra mente una serie di punti di domanda su scelte, motivazioni e forme mentali.
E, a fine viaggio, oltre a dolcezza e una sorta di contemplazione meditativa, ci si guarda dentro avvertendo qualcosa di inspiegabile. In fondo la natura stessa non è meravigliosamente inspiegabile spesso?