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venerdì 11 aprile 2014

CONNECTIONS

CONNECTIONS

Due prodotti del tutto diversi per forma e sostanza ma uniti da una sola passione: il gore.
Era il 2013 e usciva "Connections", sodalizio fra i registi Daniele Misischia ("Inside", "Il giorno dell'odio", "Twelve") e Paolo Del Fiol (il corto "La cagna"). Il primo si è occupato del segmento "Hobo", il secondo di "Kokeshi"; al progetto avrebbe dovuto partecipare anche Andrea Marfori (autore de "Il bosco 1"), ma questioni produttive hanno impedito il suo arrivo.
Si tratta a tutti gli effetti di un grindhouse all'italiana in cui l'attaccamento a torture porn, parafilia sociale e psicologica, borgata romana, ossessioni che sfociano nella patologia mentale e amore per certi retrogusti horrorifici del Sol levante si mischiano con la tradizione italiana moderna come i Manetti Bros o certo filone B anni '70-'80 Fulci e Bava su tutti.

Dei due episodi quello che senza ombra di dubbio convince di più è quello di Misischia, autore romano
ormai molto noto agli accoliti di cinema indipendente ma non solo. Creatore di numerosi cortometraggi e una serie di lunghi, ha fatto della prolificità e della differenziazione i suoi vessilli. Anche questa volta il cineasta si è avvalso di alcuni collaboratori fidati: in primis Cristiano Ciccotti con cui ha redatto la sceneggiatura e poi vari attori fra cui Riccardo Camilli nei panni de Er tajola (losco e laido verme vomitato dalla suburbia capitolina già presente ne "Il giorno dell'odio"), Claudio Camilli e Simone Destrero.

Stupisce in modo molto positivo Rimi Beqiri, attore albanese qui nel ruolo protagonista, un clochard (hobo appunto) che viene a patti con brutali esponenti della malavita periferica romana per raggranellare denaro e tornare in patria riabbracciando la donna amata. I manigoldi hanno in mente per lui un iniziativa criminale capitanata dallo stesso Tajola.
Misischia dimostra di saper affermare con polso saldo una storia e snocciolarla destando di continuo l'attenzione dello spettatore; di più: la proposta pare tanto convincente che si averebbe gusto a vederla dipanata in un ipotetico film di un'ora e mezza e non a soli 40 minuti (chissà che il regista non ci pensi nel futuro...). I personaggi reggono, gettano via maschere posticce, Beqiri è molto naturale e le ambientazioni ricordano da vicino quelle di "Paura 3D" dei Manetti Bros senza fotocopiarle ma brillando di luce propria. Colpi di scena perenni sono in grado di irrobustire la caratura artistica dell'opera e Misischia preme il piede sull'acceleratore senza filtri, morigeratezza o calcoli. Coltelli conficcati nello stomaco, robusto e volgarissimo turpiloquio, cinismo a profusione; la storia comunque non diviene mai paradossale e, pur forse connotata da qualche enfasi di troppo, rimane nei corretti binari e non trascende verso trash e sterile ironia. Riccardo Camilli si lascia ancora una volta ricordare per imporre con personalità e simpatia il suo Tajola, un uomo brutto proprio dentro che coinvolge lo spettatore e, come accade qualche volta nel cinema, si fa amare nonostante la sua moralità traversi lande orribili. Se si vuole trovare un difetto all'opera, questo risiede proprio nel non sviluppo in lungo: alcune preziose situazioni rimangono solo abbozzate (l'amicizia fra il protagonista e l'altro barbone libero, l'inseguimento al Tajola, ecc.), gioco forza nei 40 minuti non si poteva servire un piatto ancora  più ricco. Misischia si conferma regista completo, perfettamente pronto per il salto in dvd, indipendent god del nostro cinema che, se riuscirà a portare il suo nome ancora più in alto, sarà forse costretto a smussare certe angolature che rendono oggi la sua linea estremamente forte e senza compromessi.

"Kokeshi" non è un brutto esempio di cinema, diciamolo subito, eppure non completa il livello di "Connections" che era stata portato in alto da Misischia.
Una ragazza (Silvia Sorrentino) è cresciuta senza riuscire a provare dolore e piacere fisico e pertanto ricerca nel corpo di altre donne queste sensazioni; la aiuta un amico di infanzia (Paolo Salvadeo), divenuto grazie o causa sua (a seconda dei punti di vista) pesantamente feticista. L'arrivo di una giovane giapponese (Reiko Nagoshi) scombussola i loro consolidati piani.
La storia è stata scritta dal regista Paolo Del Fiol con Cristiano Fighera e si fa dapprima alquanto reale, di fulciana memoria (a tal proposito di notino le riprese dei volti delle vittime dal basso); l'inizio promettente e comunque sorretto da una pregevole idea, si perde cammin facendo virando in una sorta di ghost story orientale che convince poco. Del Fiol ha un'impostazione decorosa ma denota insicurezze che con il tempo da l'idea di saper colmare; per ora "Kokeshi" suona come prova generale e anche l'utilizzo della fotografia, necessariamente oscura ma troppo spenta per rilevare i "chiaro scuri" delle psico(pato)logie dei due protagonisti, non risulta efficacie. La recitazione della Sorrentino sembra impostata e non buca lo schermo; un po' meglio se la cava Salvadeo, anche se il suo personaggio così tanto supino alla sua padrone e pronto a immolarsi masochisticamente non so quanto sia credibile. Nel complesso salviamo l'opera anche solo come pacca sulla spalla e confidiamo in una maggiore focalizzazione del regista sulle sue indubbie qualità da affinare. Da sottolineare alcune torture davvero cruente ed efficaci come la picconata in vagina e le budella tolte con le mani dal costato.