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martedì 28 ottobre 2014

NOVARAVEG: INTERVISTA

Negli ultimi tempi Novara pare respirare green e cruelty free. Per capire meglio queste due ultime espressioni, si pensi che con la prima si ragiona in termini di “verde” allargando il panorama a tutte le scelte etiche e materiali che abbracciano rispetto per il pianeta e sostenibilità. Con “cruelty free”, ovvero “senza crudeltà”, si intendono quelle attitudini che prescindano lo sfruttamento di altre specie per ottenere un risultato senza appunto coercizione e violenza. La scelta vegana diviene pertanto non solo alimentare ma rimanda ad uno stile di vita ben preciso e viene assunta a piene mani dall'associazione NovaraVeg cui si devono gli eventi che hanno caratterizzato la città
gaudenziana negli ultimi anni. Abbiamo fatto due chiacchiere con la presidente Sarah Villa in occasione di “Novara vegan expo”, manifestazione svoltasi nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 al Salone Borsa in centro città. Diverse espressioni di un minimo comun denominatore si sono riunite dando vita a un meeting assai partecipato e che ha soddisfatto in pieni gli organizzatori. Come ci spiega la stessa Sarah con il valore aggiunto della frequentazione della facoltà di medicina che la supporta nello stile di vita vegan.

NovaraVeg nasce con lo scopo di diffondere il più possibile questa condotta di vita; vogliamo far capire alla gente che non siamo alieni e invitiamo chiunque a frequentarci per condividere, se si ha voglia, le nostre mosse senza che siano obbligati ad assumerli in modo integrale nella vita quotidiana. Facciamo cene vegane ed eventi; ci apriamo a una città difficile come Novara dove ci sono poche manifestazioni e le persone sono abitudinarie; ci piace pensare di animare una città grande con una mentalità piccola.
L'ente ha organizzato nel 2013 un festival interamente vegano in piazza Puccini che ha ottenuto buoni riscontri di interesse. Per passare all'edizione 2014 di ben tre giorni e all'attuale manifestazione in Sala Borsa.
Ogni occasione per dare segnali alla gente è ben accetta; in quest'occasione abbiamo espositori di diversa estrazione secondo una scelta pensata per offrire il più vasto campionario di opportunità conoscitive ai visitatori. Quindi sì alimenti ma anche wellness, salute, cucina e attivismo critico. Abbiamo anche la collaborazione con il giornale novarese indipendente “La nuova primavera”, un free press presente all'entrata che ha il coraggio di uscire in cartaceo in periodi non facili per l'editoria. Infine sono presenti due ristoranti che operano a Novara con cucina vegana.
Quello che mi colpisce maggiormente è il pregiudizio duro a morire contro il veganismo da parte di alcune persone anche colte e che hanno la mia stima. A cosa di deve ciò e perché dà tanto fastidio il vegano?
E' un fatto molto italiano. Da noi si fa fatica a cambiare, non sai quante volte ho sentito la frase “abbiamo sempre fatto così”, che poi è la mentalità del piccolo paesello. Credo che oggi il veganismo sia adottabile anche solo per un discorso di salute e, facendo medicina, me ne sono convinta in modo definitivo, pur essendo vegan da quando ho 16 anni. La tv non fa che lanciare messaggi sbagliati che vanno contro la salubrità delle persone; ti vende uno stile di vita rassicurante creando una mentalità unica che fa tornare i conti dei grandi gruppi di potere. Le istituzioni dovrebbe essere le prime a farci capire che siamo quello che mangiamo, questo avviene solo in parte. Cosa dà fastidio di noi? Il fatto almeno per ora di andare controcorrente, di predicare qualcosa di nuovo, forse di rivoluzionario ma che siamo certi un domani sarà prassi comune. Facendo una critica alla categoria, ti dico che a volte è colpa di alcuni vegani che si autoghettizzano. Certi poi per carattere si mettono sulla difensiva, ma è un atteggiamento sbagliato perché si fa del male alla causa. Ci sono quelli che non accettano i compromessi, adesso non è il momento di estremismi; il mondo si basa sul commercio e in quest'ottica dobbiamo ragionare anche noi. Siamo nati nell'era in cui l'animale morto è già confezionato; ai bambini perché non fate vedere tutto il ciclo con cui viene tolta la vita a un essere umano tramite la macellazione? In associazione abbiamo un infermiere, una dietologa e persone che si documentano molto; prendiamo molto sul serio questo percorso.
Tornando al fatto che diventerai dottoressa, mi confermi che, almeno a quanto ho sentito, attualmente in Italia nel percorso accademico di medicina non esistono esami relativi alle scienze dell'alimentazione?
E' verissimo! E anche discutibile visto che lo stesso protocollo medico rammenta sempre con forza l'importanza di un corretto stile di alimentazione per prevenire tutta una serie di malattie. Il paradosso è che si spendono milioni di euro per la ricerca che si potrebbero risparmiare almeno in parte con la prevenzione. Pensa che in Inghilterra le assicurazioni mediche per i vegani sono scontate; evidentemente lì siamo in numero maggiore. Le malattie legate alle proteine animali sono tutte occidentali; oggi in posti come la Cina sono in aumento le patologie cardio-vascolari per un rinnovato consumo di carne animale. E ricordiamoci che i nostri anziani sono giunti a 90 anni mangiando la carne solo una volta settimana o nelle feste mentre adesso molti lo fanno ogni giorno.
Mi interessa dunque dirimere questo paradosso, come lo chiamavi tu: da un lato si afferma a ogni piè sospinto la pertinenza della buona alimentazione, dall'altro non si formano i futuri medici con la giusta mentalità e forse nemmeno con le dovute competenze. Come ti comporterai dunque tu da medico?
L'università italiana ti dà pochissimo; sto vedendo che, se voglio crescere davvero, il resto devo prendermelo da sola. Il Sistema sanitario nazionale vuole che le persone stiano bene in modo da risparmiare ma poi non fa tutto il necessario perché questo avvenga. Non so che tipo di medico sarò, è presto per dirlo; per ora constato con un po' di tristezza queste contraddizioni.
Ovviamente la ricerca del business a tutti i costi da parte di alti organismi decisionali la fa da padrone nelle scelte che tutto il sistema e quindi l'università compiono...
E' evidente. Non mi avventuro in discorsi che ci porterebbero molto lontano ma pensa a un caso di stretta cronaca come l'ebola. Il primo bianco che si ammala comporta l'arrivo di un vaccino dopo due giorni; dunque la paura che incutono spaventandoci e la richiesta dai vari Stati europei dei vaccini a dispetto di un numero di casi di contagio davvero basso.
Non mi hai ancora fatto cenno nello specifico del versante etico del vegan: la tutela degli animali. Come si pone la vostra associazione al riguardo?
Mi sono confrontata con i miei professori all'università e non ho raccolto granché in fatto di sperimentazione animale. La mia opinione è che i test non siano mai giusti: non c'è scienza senza etica. Guarda, non mi interessa nemmeno se quegli esperimenti funzionano e possono essere utili, non sono giusti e basta! L'uomo, non ci vuole un genio a capirlo, non è simile a un topo o a un criceto; anche un 5% di differenza fra due specie viventi, per quanto piccolo rispetto al 95 di uguaglianza, contiene tracce del patrimonio genetico. Dunque la sperimentazione non può essere difesa da un punto di vista scientifico, senza contare che è un bruttura da quello morale.
E cosa rispondi a chi ti dice: allora quando ti ammali rinuncia a prendere dei medicinali che magari sono stati testati sugli animali. Tieniti il dolore e la malattia.
Rispondo che: 1) tante malattie possono essere prevenute con uno stile di vita sano. 2) mi vogliono convincere del fatto che nel 2015 non sono a disposizione tecnologie che possono senza la sperimentazione animale arrivare agli stessi risultati? Non ci credo, è impossibile! Le alternative ci sono già: pensa ad “I care”, un laboratorio indipendente che non viene finanziato dallo Stato ma fa ricerca scientifica. Lo Stato invece finanzia la vivisezione oppure la terapia genica per cui si spendono miliardi di euro a fronte della sua completa inutilità.
Nel concreto i Governi cosa potrebbero fare per arginare multinazionali e pubblicità e contribuire veramente alla salute delle persone?
Con campagne massicce diffondendo la corretta mentalità di azione, che poi è una sola: voletevi bene! In Danimarca hanno messo la tassa sui dolci perché hanno capito che mangiare bene è utile alla collettività proprio da un punto di vista economico. Noi italiani che rispetto ad altri abbiamo il chilometro zero dovremmo insegnare come si vive bene, invece non accade. Il consumatore ha un potere enorme e, se le cose vanno come devono andare, le multinazionali si accorgeranno dell'inversione di tendenza. Le piccole macellerie chiudono tutte, i ristoranti e le rosticcerie vegane stanno avanzando sempre più, i negozi bio proliferano, il chilometro zero anche. Tocca a noi vegani per primi “venderci” bene, il resto verrà di conseguenza.