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martedì 2 dicembre 2014

CLAUDIO LANCINHOUSE: INTERVISTA

“Sono stato il primo dj hardcore in Italia e ho portato tanti al successo; non te lo dico perché sono qualcuno di importante ma per farti capire che il lavoro paga quando è umano, sincero, onesto”. 

In queste parole c'è molto del Claudio Lancinhouse uomo e, siccome questa piattaforma ambisce a snudare il più possibile l'anima dell'interlocutore, mi piace estrarre dalla chiacchierata con lui tale concetto. Consapevolezza di essere un pilastro e disponibilità umana al dialogo e alla generosità: questo in pillole l'icona hardcore che mi ha dedicato una mezz'ora della sua vita nel backstage dello Spazio A4 di Santhià (Vc) con un evento targato organizzazione Insound (i cui membri dello staffo ringrazio per la consueta gentile accoglienza).
Nato nel 1963 Claudio ha percorso tanti sentieri musicali per poi essere restituito alla storia (commerciale anche) come dj hardcore; produzioni, collaborazioni, sinergie, un numero esorbitante di gigs in Italia e all'estero. Molti gli sono affezionati per la militanza nella sua “casa”, come sostiene lui stesso, al Number one in sala 2. I più attenti gli attribuiscono i crediti di pezzi dance più melodici o
“maranza” (per lui non è certo un insulto, lo leggerete fra poco). Tutti quelli che non si sono bevuti il cervello convergono nel riconoscergli un ruolo di primo ordine nel mondo della notte quanto a musica estrema.
Ricordare le gesta e l'incidenza di un mostro sacro come Lancinhouse equivale a dare un calcio nel culo alla dispersione e all'eccessiva velocità del mondo  moderno. In un panorama, anche musicale, in cui gli angeli si bruciano in fretta le ali e gli eroi lo sono per pochi minuti, si celebrino i suoi 35 anni di carriera, la costanza, la fedeltà a un lavoro che diviene stile di vita e cuore palpitante.
Il fatto che Claudio appartenga alla vecchia guardia mi ha consentito di allargare il discorso facendogli commentare questo mondo dall'alto dei suoi 50 anni; valore aggiunto di cui mi sento onorato.
Signori e signori: Lancinhouse!

Un piacere vederti qui a Santhià; come ti sei trovato in questa nottata con i ragazzi di Insound?
Molto bene, ho suonato per un'ora senza problemi e la gente mi ha accolto alla grande ballando tutto il dj set.

Come vedi ad anni di distanza pezzi come “Love is” (che finì sulla Discoparade compilation 2003), “Elektrico” o “Pirata”, che ti vedono adottare melodie più progressive e leggere rispetto alla maggior parte della tua produzione?
Tutto quello appartiene al passato, adesso il nuovo Lancini è EDM/progressive house e speriamo che questo progetto abbia fortuna. Le canzoni che citi erano buoni dischi che avevano senso nel periodo in cui sono usciti. La dance è cambiata e bisogna stare al passo con i tempi; le loro melodie potrebbero essere attuali ma cassa, suoni e tutto quanto riguarda l'insieme delle produzioni è targato anni post 2010. Da qualche anno c'è un chiaro ritorno alle cose old ma tutto è diventato più dritto, techno.

Quei tuoi pezzi erano molto “maranza” e te lo dico con l'orgoglio di essere stato “maranza”...
Io sono ancora “maranza”, l'importante è non vergognarsi mai! (ride).

Mi incuriosisce la tua appartenenza al valido progetto Mash, che ho particolarmente apprezzato in episodi come “Music is playing so loud”, “Oak island”, “In your arms” o “One day”. Ricordiamo anche Free drink; come possono essere vissute oggi da un ventenne melodie come quelle?
Lì si parla di fine '90 e inizio 2000; soprattutto all'estero si sentono atmosfere come quelle adesso. I miei ultimi dischi li ho fatti molto con sonorità anni '90 a parte il progetto di cui ti parlavo prima più moderno. Ti avevo già detto che sono “maranza”? (ride) La melodia fa parte della musica italiana, quello è il nostro forte; tutti ci hanno copiato fino a fare negli ultimi anni cose migliori delle nostre. La melodia è quella cosa meravigliosa che ti rimane nella testa; al di là di quello che suono e produco e di essere identificato come dj hardcore, io adoro la dance e ho prodotto un sacco di dischi di quel genere.

Hai talmente ragione che non a caso fu coniato il termine “italodance”.
Hai già detto tutto e ricordo anche l'espressione “spaghetti dance” che mi piaceva; abbiamo fatto la storia in questo settore e ce lo riconoscono da più parti del mondo, ricordiamocelo ogni tanto. Sono stato in America per lavoro e ci ho trovato i dischi di Gigi D'Agostino, Paps'n'Skar, Corona, Prezioso o Molella. Certo che un ventenne di oggi può gustarli, in discoteca funzionano sempre ed erano un mash up fra trance e dance e la cassa techno in un mix irripetibile. Sai qual'era la loro magia? Essere facili nel senso buono del termine: davano melodie che potevi cantare ma non erano cazzate, sono resistite nel tempo, canzoni con due palle quadre.

Mercoledì 3 dicembre Radio deejay e m2o trasmetteranno una puntata super speciale di Deejay time come la formazione originale Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso. Nell'anteprima lo stesso Albertino, rivendicando il fatto che non si può vivere solo di rendita dal passato, ha detto che la dance commerciale di oggi è molto valida e altro non è che quella di un tempo travestita (alludendo all'EDM/progressive house). Sei d'accordo?
Pienamente: alla fine è sempre quello che gira. La edm avrà la cassa più dura ma i cantati ricordano tantissimo quelli di un tempo. Possiamo dire che per qualche anno, ti ricorderai, la house aveva dilagato a livello commerciale e siamo rimasti senza melodie e ritornelli. Poi per fortuna la nuova ondata di produttori ha invertito la rotta e adesso quei suoni house sono tornati in basso.

Che ricordi hai di parti selvaggi come Hardcore warriors, Ravestorm o la sala 2 del Number one? Che differenze ravvisi fra quel topo di attitudine e quella dei party odierni? Come sono cambiati i ragazzi?
All'epoca era più seguito quel genere e, se entravi in una discoteca, lo facevi perché ti faceva impazzire e diventava il tuo stile di vita. Oggi è più una moda; la gente è cambiata tantissimo, il modo di ballare, di vestirsi, di comportarsi. Una volta le risse erano più numerose, c'era più maleducazione, adesso sono più educati. Detto questo, la sala 2 del Number è e sarà sempre casa mia ma adesso i ragazzi e i gabber in genere si controllano di più; forse meno droghe, forse la polizia che li ferma in macchina e li multa se hanno bevuto. A me va bene così la situazione, non ho troppa nostalgia.

Anche perché i tempi d'oro te li sei vissuti con pienezza, no?
Conta che ho iniziato a suonare nel 1978 e facevo la vera disco music per poi arrivare all'afro e al funky; di acqua sotto i ponti ne è passata e sarebbe preoccupante che a 51 anni compiuti facessi ancora il ragazzino.

La scena elettronica estrema dunque generi come l'hardstyle o l'hardcore hanno beneficiato negli ultimi anni di una diffusione importante. Personalmente ti preoccupa il fatto di uscire dall'undergound e raccogliere nuove leve di pubblico che si abituano a suoni più ruffiani?
Mi preoccupa per un fattore: è aperta più alla massa, essendo più commerciale e questo fa perdere un po' della sua vera essenza. La vera hardcore, così come il vero hardstyle, mi mancano, non lo nego; ci sono passato attraverso e ho fatto di tutto in quei tempi stupendi. Ma questo vale per me, non per i giovani di oggi; loro, quando sentono un pezzo attuale, hanno più feeling e non comprenderebbero i miei ricordi né se li volessi convincere su quanto erano più fighi i suoni prima. Come ti ho detto, a 51 anni penso sia quasi arrivata per me la fine della carriera, tutto il resto si vedrà; starò sempre nel giro ma a una certa età è lecito pensare a certe cose. Sto suonando ancora molto, una settimana fa ero al Florida di Ghedi (Bs), ma arriva un tempo in cui bisogna essere realisti. Ma preferisco decidere di smettere così piuttosto che arrivare un punto in cui la gente non sa nemmeno chi sono.

Non mi sembri tra l'altro il classico ragioniere che va in ufficio solo per prendere lo stipendio.
No no, questo è un lavoro ma prima di tutto una passione; pensa che faccio anche serate di beneficenza. Ok, i soldi servono, però è il cuore che deve muoverti per primo.

Essendo poi quella in cui ti muovi una scena di nicchia, c'è modo di fare le cose senza troppi condizionamenti, no?
Sarà anche una scena di nicchia ma, se organizzi belle serate, fai ancora 4-5 mila persone; pensa all'Olanda dove a volte si parla di 30-40 mila spettatori. In questo senso è diventato anche troppo diffuso ma non ti nego che mi fa piacere; vuol dire che noi padri del genere che abbiamo cominciato abbiamo seminato bene.

E' inutile dire le classiche differenze fra la fruizione della musica senza tecnologia e con la tecnologia, da vinile a mp4; le sappiamo bene. Ti chiedo invece, da persona che sta per arrivare ai 40 anni: non ti dà fastidio che molti ragazzini oggi che magari vengono ai tuoi party non solo non conoscano il piacere di tenere in mano un bel vinile ma soprattutto che non gliene freghi niente di approfondire un po' di storia della musica?
A me il vinile manca, dico la verità; la chiavetta non sono capace a usarla e non ho intenzione di imparare come si fa. Neanche il computer lo porto in consolle mentre il cd lo capisco; potessi, farei ancora serate solo in vinile. In alcune serate in cui devo suonare 4-5 ore alterno le tecnologie tra disco ottico e disco in vinile anche perché sono abituato a riconoscere le canzoni con le copertine. I ragazzini magari seguono la novità e conoscono da oggi in poi e non hanno la cultura delle cose passate che poi hanno dato origine al presente.

Questo non è un po' triste e frustrante appunto?
Sì, molto. Discograficamente sapere quello che è stato fatto prima ti completa come amante della musica. Un disco prodotto nel 1993 è completamente diverso da uno del 2014 e mi piacerebbe far loro ascoltare il disco di 20 anni fa per poi dirgli solo dopo che è lo stesso produttore che adorano oggi. Ne rimarrebbero stupidi, non credi? Non sono nessuno per dare lezioni, ma sarebbe un bell'insegnamento e un rispetto alla storia.

Tra l'altro potrebbero farlo in piena autonomia avendo a disposizione, contrariamente a noi alla loro età, i mezzi tecnologici come youtube o la rete in genere.
Quando andavo in negozio il sabato e prendevo il mio pacchettino di dischi, non vedevo l'ora di tornare a casa per sentirli e toccarli. Parlavo con tanta gente diversa al di là del genere che ascoltavano o suonavano e questa era una cosa bella; entravi nel mondo di tutti. Oggi si scarica e ci si fa serate ma si è perso il gusto.

E' paradossale che in una società in cui si può condividere tutto i ragazzi alla fine condividano meno di noi.
Certo, ma poi io leggevo con attenzione le etichette che mi davano le informazioni del disco, i crediti, le curiosità, chi l'aveva mixato; oggi ti perdi tutte le info. Dove è finito tutto questo?

Hai partecipato come artista a tante edizioni della Street parade di Zurigo, ci vado sempre anch'io, il giorno più bello dell'anno per me. Un milione di persone e da vent'anni non senti mai un fatto di cronaca grave dopo questo evento difficile da organizzare. Credi che in Italia ci sarebbero le basi, sia culturali che pratiche, per portare qualcosa di tanto importante?
Culturali potrebbero esserci così come la voglia di fare, ma mancherebbe la sicurezza da parte di Stato, polizia, politici. Questa gente vede quelle manifestazioni come bordello, droghe, delinquenza e non ti danno nemmeno il permesso di farlo; guarda le discoteche, che hanno sempre mille problemi. Vuoi fare una serata e non puoi; vai all'estero e organizzi serate ovunque, serate da paura con la polizia a tutela delle persone. Conta poi che in Italia la musica non è e non sarà mai cultura, fatto di serie B; vorrei portarli a certe nottate che ho visto e fargli guardare il divertimento e gli occhi felici dei ragazzi.

E' per me interessante la tua età rispetto a quella media di chi ti viene a vedere oggi suonare. Non so se hai dei figli e ti chiedo se hai mai ragionato su come le tentazioni del mondo della notte agiscano sui giovani di oggi. E se hai pensato sull'influenza che un veterano della notte come te può esercitare su di loro.
Sinceramente non penso di avere responsabilità su quello che fa chi mi viene a vedere; sono una persona tranquilla. So che quello che suono è violento ma ognuno risponde per quello che pensa e fa; suono dal '78 e non ho mai avuto bisogno di droghe e mi ricordo quasi tutte le mie serate. Se la gente dovesse seguire me, si eliminerebbero i pregiudizi verso i gabber.

Un antidivo dell'hardcore?
Esatto! (ride). Son problemi loro! Le mie figlie le ho portate con me quando avevano 14 anni preferendo che imparassero il mondo della notte tramite me.

Sono passate dalla porta principale.
Troppo buono (ride)... Ancora oggi ogni tanto mi vengono a trovare in discoteca, mi fa molto piacere quando succede.

Come ti trovi, con tutta l'esperienza di vita che hai alle spalle, in una società oggi in cui molta gente va più veloce, è più stressata, sola, frustrata?
Sono a mio agio perché sto in mezzo ai giovani e mi adeguo; certo non ho la cultura di videogioco e del telefonino. Il computer lo uso solo per lavoro, per me è una macchina che ti porta avanti facendoti conoscere; penso lo stesso per i social network ma non sono il mio forte. Cerco di adeguarmi e di non fare il vecchio rompiscatole comunque (ride). Seriamente manca tutta la cultura della musica; i ragazzi giovani pensano ad altre cose, ad esempio avere la morosa per due giorni mentre noi sognavamo la donna della vita. La cosa è allarmante: con l'elettronica la gente si chiude in casa; una volta c'era il calore umano, oggi si organizzano le serate elettronicamente.

In ultimo ti chiedo come fai a superare frustrazioni e delusioni che arrivano dalla gente e quali sono le categorie di persone che proprio non sopporti.
Non tollero chi pensa di essere arrivato; ho trovato ragazzi convinti di essere dio per poi perdersi dopo sei mesi. Non sopporto quelli arroganti mentre ammiro le persone umili e chi si dà da fare; oggi tutto è veloce e passa ma c'è ancora gente che si sbatte tanto e, se posso, gli do una mano volentieri. Oggi secondo me tanti non trovano lavoro perché non lo cercano con serietà e questo atteggiamento lo vedo molto nei ragazzi; mi dispiace dirlo ma lo penso e la famiglia protegge troppo.

Estendi il concetto anche nel djing?
Assolutamente sì! Il dj più conosciuto, quanto meno nei nostri generi estremi, è meno arrogante del ragazzo e dovrebbe essere il contrario in teoria. Quando facevo ancora produzioni hardcore in modo massiccio, mi sono trovato in serata il ragazzo che, suonando prima di me, metteva pezzi miei. Andavo a farglielo notare e mi sentivo rispondere: “Ah ma io li ho comprati, non hai l'esclusiva”. Ovvio che chiunque può suonare i miei dischi ma almeno quando il gestore di un locale mi invita, magari come ospite principale dell'evento, mi piace proporre tante cose mie e in quel modo mi si rovina un po' la sorpresa. La verità è che a volte manca il rispetto! Mi fa piacere che altri passano i dischi miei ma c'è modo e modo di comportarsi. Per le frustrazioni: cerco di evitarle essendo semplicemente me stesso; non sono una persona gelosa e anzi ho sempre insegnato a tutti di fare così. Pensa a Jappo/Unexist con cui ho fatto diversi dischi, adesso vive in Olanda ma gli voglio molto bene, siamo come padre e figlio. Sono stato il primo dj hardcore in Italia e ho portato tanti al successo; non te lo dico perché sono qualcuno di importante ma per farti capire che il lavoro paga quando è umano, sincero, onesto. E quello è un modo per limitare e prevenire le frustrazioni.